giovedì 24 settembre 2015

Scarpinata sul Monte Acuto

Molto tempo è passato da quando feci questa escursione sul Monte Acuto, la seconda cima del Massiccio del Catria. Purtroppo la mancanza di tempo mi costringe a rimandare alcune pubblicazioni e, come se non bastasse, l'accavallarsi di materiale protrae l'uscita del post a tempo indefinito. Così è successo per questa breve ma bella scarpinata sul Monte Acuto. Devo aggiungere poi che alcune foto andarono perdute a causa di un problema nel pc, la cosa non mi piacque, perciò relegai le immagini superstiti nell'angolo buio del mio archivio. Ma su tutte le foto ancora utilizzabili ce n'era una che è rimasta impressa nella mia mente... un bombo in cerca di nettare su un grosso cardo. Andando a riguardare l'immagine, qualche giorno fa, ho deciso di rivalutare l'intera escursione e postarla.
Una giusta decisione, devo ammetterlo... per la serie "meglio tardi che mai".

L'inizio dell'escursione è al passo di Bocca della Valle, 1163 metri di quota, sul versante settentrionale del Monte Acuto.
Sempre al passo si trova un abbeveratoio per animali stracolmo d'acqua. la mia attenzione però è rivolta alla montagna e ai suoi pendii.
Finalmente inizio a salire. Il sentiero prende a inerpicarsi in prossimità della cresta occidentale. Sullo sfondo il Monte Alto attraversato da quella contorta e polverosa strada che raggiunge Bocca della Valle.
Campanule lungo il cammino.
Il sentiero non è segnalato ma è ben riconoscibile, spesso si divide per poi riunirsi più in alto.
Il villaggio di Chiaserna, comune di Cantiano (PU).
Tra i costoni dell'Acuto osservo l'Appennino protrarsi verso sud.
Bianche nuvole si avvicendano velocemente sulla cima della montagna.
Nell'ascesa è spesso possibile individuare degli omini di pietra, molto utili per l'orientamento.
Finalmente il Monte Catria.
Mi avvicino alle cime dell'Acuto.
Oltrepassato il primo picco ecco apparire la vetta.
Mi guardo attorno... la vegetazione di altura è piuttosto differente da quella che si trova più in basso, questa specie di pianta grassa dalle forme vagamente falliche ne è la dimostrazione.
Ed ecco la foto che mi ha convinto a pubblicare l'escursione nonostante la perdita di diverse immagini: un bombo alla ricerca di nettare su un grosso cardo ai piedi della cima del Monte Acuto.
Ultima salita prima di raggiungere la vetta.
Ed eccomi in cima, a quota 1668 metri.
Da questa posizione osservo i monti dell'Appennino a settentrione anche se la foschia limita notevolmente la visuale.
Scendo attraverso il crinale orientale.
Alcuni cavalli pascolano tra le pietraie dell'Acuto.
A sud osservo i prati dell'Infilatoio con quello che resta di due pale eoliche e dietro il Monte Catria.
Più in basso, in prossimità della funivia, dei cavalli si riparano sotto una macchia di faggi.
Svolto a destra, verso sud, su un comodo sentiero che attraversa un'alta faggeta.
In breve tempo mi ritrovo ai prati dell'Infilatoio, da qui do un'occhiata al Monte Acuto sul quale mi trovavo poco prima.
Mi dirigo ancora a sud, verso il Catria, tra bellissime mucche e i loro meno belli escrementi.
Appena raggiunta la strada che scende a Chiaserna, svolto a destra su un sentiero che si districa tra prati e faggete.
Fonte del Faggio, ricchissima di buona e gelida acqua.
Poco oltre si trova un piccolo bivacco ed un bivio, continuare sul sentiero di destra altrimenti si scende sulla strada per Chiaserna... il sottoscritto ne sa qualcosa.
Il percorso è piuttosto agevole e consente di attraversare il fianco ovest del Monte Acuto velocemente. Prima di andarmene mi concedo un'ultima occhiata sul Monte Catria il quale si è liberato da quelle pesanti nubi che lo minacciavano.
Oltrepasso una staccionata e...
... poco prima di ritrovarmi come d'incanto al punto di partenza vengo salutato da questo rigoglioso cespuglio di ginestre.

Potete osservare il tragitto di questa escursione sul Monte Acuto consultando la MAPPA.

martedì 1 settembre 2015

Escursione sul Monte Nerone: Da Fosso dell'Eremo ai prati della Montagnola

Lungo la strada Apecchiese, nei pressi di Piobbico (PU), in quel tratto che costeggia le pendici del Monte Nerone, si trovano tre piccole valli di grande bellezza: La Val d'Abisso, la Valle del Rio Vitoschio (delle quali ho già parlato in altre occasioni) e quella di Fosso dell'Eremo. Quest'ultima la scoprii molto tempo fa, quasi per caso, notando il cartello segnaletico sul ciglio della strada. Una mattina fermai l'auto in corrispondenza di questo e mi addentrai a piedi nella valle... si rilevò un luogo affascinante, capace di infondere emozioni intense a chi lo attraversa.
Da quella prima volta sono trascorsi diversi anni senza che io vi ritornassi. Ovviamente, l'intento di pubblicare qualche bella foto sul blog c'è sempre stato ma volevo che Fosso dell'Eremo entrasse a far parte di un'escursione più ampia, la quale partendo dalla strada Apecchiese, sul fondo valle, arrivasse fin sulle praterie sommitali del Monte Nerone. Così ho atteso la giornata ideale e finalmente, sul finire della primavera, sono tornato.

L'itinerario scelto per questa escursione prevedeva la risalita di Fosso dell'Eremo fino al villaggio di Bacciardi, seguendo la segnaletica del tracciato n°8. Dal borghetto, mi sarei poi arrampicato fino ai prati sommitali del Monte Nerone percorrendo il sentiero 12 il quale conduce dritto alla Montagnola, la seconda cima di questo complesso montuoso. 
Sulla carta niente di più lineare con un primo tratto semplice (sentiero 8), pianeggiante, zeppo di guadi, pareti rocciose, antichi ruderi ed un secondo molto più impegnativo (sentiero 12) ma estremamente panoramico. Il ritorno sui medesimi tracciati poi sarebbe stata una passeggiata... almeno così ho creduto. La realtà si è rivelata piuttosto differente. Bisogna tener conto che buona parte della segnaletica del Monte Nerone è parzialmente o totalmente assente quindi, sbagli e faticosi "fuori pista" sono cosa comune.

Potete consultare anche la MAPPA dove è possibile osservare l'effettivo tracciato dell'escursione fatta. 

A mio modo di vedere le cose però, sono le immagini il modo migliore per illustrare un itinerario...

E' mattina, nemmeno tanto presto ma ancora nel parcheggio antistante l'ingresso a Fosso dell'Eremo ci sono io ed un pescatore, anch'esso appena arrivato. Sinceramente, pur avendo stabilito l'escursione da tempo, non sono in ottima forma, la voglia di camminare è tanta ma le due birre bevute la sera prima con un amico si stanno facendo sentire.
Nonostante la forma non ottimale sono ben determinato e inizio ad addentrarmi nella Valle di Fosso dell'Eremo.
Il percorso è comodo, ben tracciato e la segnaletica del sentiero n°8 in discrete condizioni.
Non passa molto tempo prima di scovare dei ruderi in cima ad un dosso.
Si tratta dell'Eremo di Santa Maria in Morimondo. E' da questo antichissimo edificio che prende il nome la valle. L'eremo ebbe una certa importanza nel medioevo infatti, alcuni dei Brancaleoni, signori di Piobbico e delle terre circostanti, si fecero seppellire proprio qui. L'abbandono dell'edificio sacro avvenne nel 1781 inseguito ad un disastroso terremoto.
Pochi metri oltre i ruderi il sentiero attraversa il torrente, è il primo di quindici guadi.
Il mio passo è molto lento, mi fermo ad osservare un po tutto anche queste belle campanule.
E quando raggiungo un guado resto come incantato, il tempo si dilata quasi fino a fermarsi.
Continuo tra frammenti di sentiero "asciutto" e guadi ancora per molto.
In un posto simile non potevano mancare le orchidee.
Uno dei miei ultimi attraversamenti... il torrente completamente coperto dalla vegetazione pare uscito dalla mente di qualche pittore.
Altri ruderi, si tratta dei resti di un mulino anticamente utilizzato dagl'abitanti del vicino villaggio di Bacciardi. Mentre cerco di esplorare le rovine dell'edificio scopro alcune ossa animali, voglio avvicinarmi ma il soffio irritato di una vipera mi invita a continuare per la mia strada.
Il sentiero inizia ad abbandonare il fondo valle alla volta di Bacciardi, le pendici del Nerone si avvicinano.
La salitella per Bacciardi punteggiata dai fiori di ginestra.
Il colle dove sorgeva il castello di Rocca Leonella, visitato durante l'ultimo inverno.
Finalmente segni di vita umana recente... Bacciardi!
Il borgo è minuscolo e buona parte delle sue abitazioni sono in ristrutturazione.
Lascio l'abitato e subito oltre la strada asfaltata si inerpica il sentiero 12. La segnaletica è ancora presente seppur rada.
Appena sbuco dalla vegetazione, si stagliano davanti ai miei occhi enormi pendii ricoperti da una foresta verdissima.
Ed ecco i promontori da risalire, sopra di essi si trovano le praterie della Montagnola.
Mentre salgo ancora tra la boscaglia, non mi rendo conto di aver abbandonato il sentiero n°12 e di seguire una segnaletica forviante.
Uno dei fiori spontanei che preferisco: il piccolo garofano selvatico.
Mi guardo dietro, verso la Valle di Fosso dell'Eremo che ho appena risalito ed il Monte Montiego sullo sfondo.
Raggiungo questa sella e una volta li mi rendo conto di aver perso la "retta via".
Ho camminato troppo per poter tornare indietro a cercare il sentiero 12, decido così di addentrarmi nella foresta e risalire il costone su un sentiero non segnalato aiutandomi con il gps.
Inizialmente la vegetazione è mista e piuttosto bassa, il tracciato semplice da seguire.
Poi, con l'arrivo dei faggi, gli alberi iniziano ad essere sempre più alti e maestosi. Mi ritrovo a salire sotto un foresta fittissima.
Nell'ascesa ho dovuto attraversare più volte questo ripidissimo canalone; purtroppo, la foto, non riesce appieno a trasmettere l'immagine di un impressionante solco che taglia in due il bosco precipitando a valle.
La slunga salita fiacca le mie gambe. La temperatura all'ombra dei faggi inizia a scendere sensibilmente mentre, attorno a me, appaiono praterie di aglio ursino che saturano l'aria con il loro acre odore.
Ancora più su... inizio ad invocare la fine dell'ascesa o perlomeno vedere uno spiraglio di luce venir fuori dalle fronde degl'alberi. L'ombra della foresta inizia ad opprimermi. Controllo il gps ma soprattutto noto l'accorciarsi in altezza dei faggi... le praterie sono vicine.
Decido così di affrontare l'ultima salita di petto. Nell'avanzare, ad ogni passo che faccio verso l'alto le fronde si fanno sempre più basse fino a costringermi quasi a strisciare per sbucare fuori. Mi è sembrato quasi di rinascere quando ho rivisto il cielo.
Devo ancora salire per raggiungere i prati della Montagnola ma poco importa, la stanchezza di prima è quasi del tutto svanita. Forse è rimasta impigliata tra i rami degl'alberi.
Il panorama è ovviamente favoloso: a sud appare la ripa del Monte Cimaio, altra cima collaterale del Nerone e poi lo sguardo si perde tra Monte Petrano, Acuto e Cucco.
A est i monti del Furlo, l'ombelico della provincia di Pesaro - Urbino.
A nord, sullo sfondo, le inconfondibili sagome del Sasso Simone Simoncello e del Monte Carpegna.
Ma non c'è solo il panorama d'ammirare, anche il prato su cui cammino è uno spettacolo.
Finalmente, dopo un'arrampicata molto lunga ed impegnativa ecco la cima della Montagnola, 1486 m s.l.m..
Una stradina asfaltata taglia in due la prateria. Volgendomi a destra trovo questo cippo e dietro la vetta del Monte Nerone con i suoi ripetitori.
La pietra è stata posta a ricordo della durissima tappa che transitò per questa viuzza nel centenario del Giro d'Italia. Mi fermo all'ombra del cippo per rifocillarmi. Mentre sbocconcello il mio pasto ripenso con nostalgia a quel giorno in cui "Il Giro" passava per le nostre montagne. Anche io ero corso a vederlo.
Controllo e ricontrollo sia mappa che il gps ma non riesco a individuare il tracciato del famigerato sentiero n°12. Decido di ritornare sui prati da dove sono sbucato e poi scendere giù... dritto per dritto!
Il prato che costeggia la foresta è delimitato da un'imponente ripa che precipita a valle.
Scendendo riesco ad individuare la sagoma del Monticello sotto il quale si trova la sella da dove ho iniziato l'ascesa.
Ed eccomi sulla via del ritorno. Vorrei dire che la discesa si è rivelata facile e confortevole ma così non è stato anzi... terminata la prateria, ho dovuto districarmi in una fitta boscaglia con pendenze elevate. Come se non bastasse, il copioso polline che si sprigionava da un'erba mi ha provocato una forte reazione allergica ad un occhio. Fortunatamente mi sono imbattuto in un vecchio tracciato, probabilmente opera di carbonai, che zigzagando scendeva sulla sella dove avevo dato inizio l'attacco alla montagna.

Percorrere i sentieri mal segnalati del Monte Nerone non è cosa facile, ne potete avere un ulteriore dimostrazione nel blog di Cristian Nannetti: Escursionismo a 360°. Anche lui ha affrontato questo stesso versante del Monte Nerone non senza difficoltà.